Di solito il poeta e l'intellettuale sono concentrati soprattutto su se stessi,sulla propria creatività traendo alimento dalla propria patria inventiva nell' interpretare il mondo, la società, il pensiero antico e contemporaneo. Spesso la loro personalità resta imprigionata in questa magica torre e foderata e sazia della propria individualità.
Romolo Liberale che ci ha lasciato di recente, era invece un poeta che si apriva ai suoi simili e sembrava cantare a nome loro, a nome soprattutto degli umili, dei diseredati,della gente contadina della sua terra di cui aveva sempre condiviso le lotte per il pane e la dignità. Non solo come autore di versi intensi e felici, ma anche come seminatore di cultura nei paesi della Marsica, Romolo è ai miei occhi un intellettuale come lo intende Antonio Gramsci, capace di aprire le menti al sapere, di far scoccare scintille d'arte segrete e latenti negli animi rudi, in una condivisione non riduttiva e divulgativa, ma di elevazione. Questo erano i numerosi incontri di poesia da lui organizzati nelle piazze dei comuni, le mostre,le conferenze, le iniziative culturali in tutto il territorio, sicuro di essere capito, ottenendo, da esperto promotore di cultura.sempre uditori inediti, attenti e partecipi. Ho sempre apprezzato in Liberale, accanto all' amore genuino e disinteressato per l'arte, la saggezza,la calma che riposava sulla bontà e sul rispetto degli altri. Il suo slancio sempre ingenuo nel presentare una nuova opera agli amici, malgrado le tappe raggiunte e i premi ottenuti, spiccava in un mondo così inquinato dal business e dalla prosopopea narcisistica. Lo ricordo nella sua casa ospitale di Avezzano nella stanza "intelligente" piena di bei quadri appesi, accanto a Mirka, la compagna di un'intera vita capace di accogliere amici e conoscenti a tutte le ore. Questa immagine candida di lui che mi porge le ultime poesie o un ultimo saggio per un parere, non mi abbandona. Quanto diverso dai superbi baroni della POESIA in cattedra davanti allo specchio! Anche la sua attenzione verso le produzioni altrui era nobile. Valorizzava poeti e poetesse, presentava pittori,grafici,scultori, di cui ben individuava l'ispirazione e la peculiarità, cogliendo di ognuno le qualità e le promesse, entrando in punta di piedi nelle loro storie. L'interesse per una laica "religio" lo spingeva inoltre a non farsi soffocare da limiti ideologici invalicabili. La sua visione marxista era tesa ad abbracciare anche i contributi progressisti del cattolicesimo storicizzandoli, senza mai abbandonare un atteggiamento critico verso le posizioni retrive e controriformiste della Chiesa. Di questo spirito è permeata la pièce su Bonifacio IV, pontefice marsicano, che visse tra preghiera e penitenza come un monaco, figura emblematica di un cristianesimo puro inviso a quello istituzionale. Con lo stesso spirito aperto rivisita anche la figura inquieta e controversa di Ignazio Silone. Ma il suo contributo più fervido è rivolto, al suo Paese, alle radici,alla gente del Fucino di cui approfondisce la storia in vari saggi sulle lotte contadine d'Abruzzo. Il lago prosciugato dai Torlonia e i suoi protagonisti ex pescatori ,mandriani e serpari vagabondi "cercatori di aurore trasparenti" e tramonti sereni" si materializzano in visioni di grande respiro sociale ed umano nel Poema del Fucino uno dei suoi canti più riusciti ed emozionanti. Nello scorrere dei versi sembra di vedere l'azzurro silenzio delle notti di luna e sentire Il respiro dei cavalli e il sommesso brontolio delle cascate del Giovenco. Davanti a noi "il generoso ombrello del pecoraio padrone di tutti i confini" e le povere case "dal camino spento", "le fatiche sui bietolai e le vacche dalle zampe spezzate dentro i pantani cretosi delle strade del principe" , le immagini dei braccianti sfruttati. Risorgono tanti personaggi di quell'umanità inventrice di "parole vere" schiantata da una vita dura, di sudori e di insidie, schiava di un potere ancora feudale. Davanti a noi il possente pastore Bernardo e Giustina maestra d'arcolaio, Nicola Scivolone ( capo-facocchio). Figure caratteristiche di un grande copione sconosciuto e vitale. E' giusto ricordare Romolo anche come poeta della Resistenza. La sua Ode ai 33 Martiri di Capistrello dedicata agli innocenti abitanti dell 'omonimo paese, pastori che avevano trovato rifugio in montagna col loro bestiame per sfuggire alle atrocità della guerra. Furono catturati, imprigionati e poi fucilati alla nuca uno ad uno dai nazisti in ritirata nel ' 44. Il narrare poetico ci trascina con vero pathos nella salita sui monti conosciuti di quegli uomini semplici che "avevano nelle mani e nel volto i segni del loro mondo nudo" e "conoscevano ogni filo d'erba ogni sasso ogni sentiero" . Ci mostra la bellezza della natura e poi la barbarie,la crudeltà della morte. Entriamo nell'atmosfera dell'eccidio, efferato come tanti, compiuti dai tedeschi in Italia.
"Quando il silenzio raccolse dai pendii/l'ultimo colpo e l'ultimo grido/lontano,oltre la malinconia dei roveti,un requiem si scaldava al lume dei casolari/ e gli uomini attendevano il mattino".
Romolo è anche un poeta di speranza . Nella bella poesia "Eccomi al bivio" malgrado " l'ultima bandiera sia appesa al salice piangente " conserva gelosamente nel suo cuore un germoglio per il futuro. Per questo voglio concludere il ricordo di lui con l'immagine fideistica di " un' alba che mi porterà ricomposti e vigili sogni e aneliti" perché "andrà lontano chi da lontano viene."
created with
Website Builder Software .